Quell’infernale gracchiare

La festa era iniziata da diverso tempo ma Jade non si era mosso dalla poltrona sulla quale si era accasciato. Il drink che teneva nella mano sinistra era orma tiepido ed annacquato.

Era rassicurante comunque tenerlo vicino, lo faceva sentire meno estraneo alla baldoria. Nessuno alla festa lo avrebbe descritto come scortese, i sorrisi erano sempre molti e la battuta pronta per chiunque passasse dal suo giaciglio. Nessuno però ne avrebbe ricordato la presenza. Era come uno specchio, diceva esattamente ciò che tutti volevano sentirsi dire e sorrideva affabile, un maestro del “camuffamento attivo”, come amava chiamarlo.

Ellen invece era l ‘anima della festa, pur non facendo nulla di particolare. Era semplicemente molto bella. Ora si crederà avesse un fisico statuario o dei lineamenti perfetti, in realtà la sua bellezza era di un’altra natura. Certo non era brutta fisicamente, ma aveva una leggerezza speciale. Erano leggeri i suoi occhi che mai concedevano la soddisfazione di uno sguardo sostenuto, leggeri i suoi movimenti. Sembrava plasmata per muovere i muscoli in maniera perfetta. Ogni suo gesto era coordinato con i precedenti, in una coreografia istintiva. E la sua risata, ah che risata! Rendeva chiunque in sala invidioso, in maniera feroce, di chi l’avesse provocata.

Jade la guardava di sottecchi, come tutti d’altronde. Mai però l’avrebbe notato, il suo scopo in fondo era questo. Dal primo istante in cui l’aveva vista il suo proposito di mimetismo aveva clamorosamente vacillato. Serviva un piano che in pratica lo rendesse visibile soltanto a lei, in maniera esclusiva. Dapprima provò ad ignorarla, per distinguersi dalla torma di adulatori che sempre la circondavano. Inutile svelare l’esito della disastrosa tattica del fine stratega.
Decise allora di attaccar bottone con chiunque passasse e di alzare il proprio tono di voce per segnalare, in qualche modo, la propria presenza. Jade diede fiato in gola per una risata sguaiata che provocò sussulti in sala, ma non perturbò in alcun modo Ellen che non diede segno di averlo sentito.
La sua barca stava affondando, decise quindi di raccogliere tutto il coraggio che aveva in corpo e di alzarsi da quella poltrona. Le passò accanto sempre con il fedele drink in mano, ormai era diventato acqua. Sentì una piccola e pungente scarica elettrica quando il suo gomito sfiorò il braccio di lei. Ellen dovette aver provato lo stesso perché ebbe un sussulto e si girò di scatto. II suo sguardo sarebbe stato decisivo; avrebbe segnato la fine del sogno, se fosse stato di sdegno, o l’inizio dello stesso, se solo avesse mostrato almeno curiosità.

Qualsiasi sguardo gli avesse riservato aveva però messo fine al sonno di Jade, infatti poco prima che Ellen si fosse completamente girata, egli si era svegliato in compagnia di un assordante allarme nelle orecchie. «Se solo una volta potessi vedere come avrebbe reagito!» pensò mentre metteva a tacere quell’infernale gracchiare.

Giacomo Notaro