La Trovavite

«Tu chi eri in un‘altra vita?» chiese con gli occhi chiari fissi su di lui.
«In un’altra vita?» la guardò come fosse pazza.
«Sì» confermò lei serissima. «Non lo so» rispose lui imbarazzato «ci sono state altre vite?».
«Certo» ora lei era furiosa «non ci credi?»
«Sinceramente non ci ho mai pensato».

«Io sono stata la moglie di un panettiere e una dama di corte» ora sembrava essersi calmata.
«Come lo sai?» era incuriosito. «Lo so e basta» non ammetteva repliche.
«Bene allora io sono stato Giulio Cesare» concluse divertito.  «Non vale inventare, non ti chiami Giulio!» sbottò seriosa.
«Ah perché il nome si conserva?» il suo tono era a metà tra lo scettico e l’arrogante.
«È ovvio» iniziò «attraverso le vite si conserva il carattere, e il carattere si sa è dato dal nome».
«Il carattere sarebbe dato dal nome?» era allibito «se mi fossi chiamato Giulio avrei quindi avuto l’impulso di invadere la Gallia forse?»
«Forse» annuì non troppo convinta.

«Come faccio a scoprire chi sono stato?» si arrese.
«Non è semplice» sorrise con aria saccente «ma neanche impossibile».
«Come ti chiami?» chiese ridendo. «Lo sai come mi chiamo!» sbuffò.
«È vero, sono entrata troppo nella parte».
«Che parte?» era la conversazione più strana nella quale si fosse mai ritrovato.
«La parte della Trovavite».
«La Trovavite? È un mestiere?» assecondava ormai ogni sua follia.
«Che domande! È tra i più redditizi» l’orgoglio era visibile nelle sue pupille grigie.
«Quanto dovrei pagare dunque?»
«Per gli amici è gratis, ovvio.»
In tutta la conversazione non c’era stato nulla di ovvio, nulla che fosse lontanamente sensato.

«Iniziamo» il suo sguardo risoluto lo indusse ad abbassare gli occhi in segno di assenso.
Prese una foglia da terra e gliela porse «avvicinati al lago» ordinò «e lasciala scivolare sulla superficie, tra i riflessi degli alberi».
Rispettò le consegne alla lettera, un po’ perché impaurito dalla determinazione di lei e un po’ perché preso da sincera curiosità.
La foglia rossa e verde scivolò senza attrito sulla superficie liquida del cielo e degli alberi in decadenza. Un pesce incuriosito la sfiorò col muso e la foglia si inabissò.

«Tu sei stato un grande marinaio» una voce sconosciuta lo distrasse dall’ipnotico viaggio della colorata imbarcazione di cellulosa. Era una voce di donna, piuttosto anziana a dire il vero. Si voltò.
La ragazza era sparita ma al suo posto era comparsa una vecchiarella dagli occhi chiari, velati dagli anni. Quegli occhi grigio cenere mantenevano però un ardore giovanile ed una forza incontestabile.

«Come ha detto, scusi?» chiese fissando i suoi occhi grigi.

 

Giacomo Notaro