Nere come il carbone

Stava seduto in cima ad un blocco di cemento, sul molo del porto. Fissava il mare calmo e le poche nuvole sottili che spezzavano il blu del cielo. Conosceva ogni crepa di quel blocco, individuava navi da grande distanza e chiamava per nome i fedeli gabbiani. Questo perché fin da piccolo quel seggio era stato suo.
Jade giaceva scomodamente sdraiato sul cemento. Gli occhi cerulei brillavano, persi nel cielo.
Una brezza iniziava a soffiare, spazzando via i piccoli nembi e portandone di più minacciosi. Ora i brillanti occhi del colore del cielo si tingevano d’un rosso spento, unito al grigio plumbeo delle nubi. Il mondo attorno a Jade parve sospendersi. Le navi nodose non dondolavano più, benché il vento fosse ora impetuoso. I marinai sembravano essersi dileguati.

«Dalle nostre parti si narra una leggenda»
Jade si era assopito ma aveva udito quelle parole distintamente.
Si alzò dal giaciglio e si mise a sedere.
«Chi è lei?»
Si trovava di fronte ad un vecchio dalla barba bianca ed un lungo cappotto nero.
«La leggenda narra di nubi grigie e rosse provenire da Oriente» proseguì il vecchio dal volto scavato.
«Nubi come quelle» con il mento aveva accennato alle gigantesche formazioni che si ammassavano all’orizzonte.
«Mai sentite storie simili» rispose seccato Jade, deluso di non essere padrone di ogni aspetto del luogo.
«Sono storie vecchie, almeno quanto il mare».
Jade era ora incuriosito. Una folata improvvisa sferzò i capelli sottili del ragazzo.
«Senti che è un vento diverso questo? Intuisci la consistenza degli incubi, Jade?»
«Come sai il mio nome?».
«Anche quello è vecchio quanto il mare».

Le nuvole ormai oscuravano il cielo e la luce del sole filtrava a malapena da qualche pertugio. Anch’essa però giungeva arrossata. Era una tempesta senza tuoni.
Gli occhi di Jade stavano mutando ancora e il vegliardo sembrava in attesa di qualcosa.
«Quando le nubi avranno oscurato il sole, allora all’orizzonte appariranno mille vascelli neri come il carbone e il cielo sarà definitivamente diviso dal mare.»
Jade era ipnotizzato e fissava la linea curva, trattenendo il fiato.
«Solo a quel punto ai tuoni sarà permesso scendere».
«Non vedo alcuna nave, nessun tuono calerà» disse Jade sovrappensiero.

Nel pronunciare quelle parole si girò. Dove prima il porto era nascosto dalla figura slanciata del vecchio, ora erano visibili tutti i moli e le banchine. Il vecchio era scomparso.
Jade rimase inebetito per qualche istante. “Nessuna nave, nessun tuono”, ripeteva tra sé e sé.
II cielo nel frattempo si era rischiarato. I suoi occhi erano però ancora grigi e rossi.
“Sono solo vecchie storie” Jade fissava ancora l’orizzonte, mentre i lampi nell’iride illuminavano l’arrivo di mille navi. Nere come il carbone.
Giacomo Notaro