Fare casino

Non era chiaro il perché, non era chiaro nulla tranne il fatto che quel sorriso di sufficienza fosse un suo tratto distintivo.
La cosa meno chiara in assoluto era se fosse diretto a lui personalmente, come fonte di disprezzo, o se fosse per il genere umano, zerbino poco accogliente.
Questo piccolo particolare era però determinante. Mai avrebbe capito il perché di tale disprezzo se fosse stato diretto a lui in particolare, ma non avrebbe altresì sopportato essere accomunato alla marmaglia. Questo dubbio amletico, quel dannato sorriso.
Non era nemmeno di cortesia! Quale cortesia poteva esistere in una linea tanto crudele? Un insulto palese sarebbe stato più corretto.

A questo pensava davanti a quel muro di carta, quell’ammasso di libri che gli stava davanti. Cinquanta o cinquecento, quei libri avevano preso la piega distorta di una diga imponente, sul punto di collassare. I bordi, una colossale mezzaluna che incorniciava il soffitto.
L’uomo senza volto era senza parole.
Sentiva però il bisogno di parlare. Molti credono che il linguaggio sia il mero fine dei suoni che si emettono, la comunicazione. Egli credeva invece, e ci aveva riflettuto parecchio, che i suoni fossero solo suoni.
Aveva l’istinto innato di fare rumore, di dimostrare anche solo a se stesso di esserci. Un uomo parla anche da solo. Quindi? Con chi comunica? Cosa comunica? No! Deve esserci di più. Il desiderio irrefrenabile di urlare in un canyon di cellulosa, di risuonare.
Ecco , se l’uomo senza volto avesse dovuto riassumere la sua complicata esistenza in un verbo, sarebbe stato proprio “risuonare”. Non si cerca di fare altro che sbattere violentemente ferraglia, cercare di farsi sentire in qualche modo. Squassare e strepitare perché il suono arrivi il più lontano possibile.
Quando il suono diventa debole cerchiamo di rinforzare l’eco con altri affanni, ma nessuno risuonerà in eterno.
Che differenza c’è dunque tra un’eco debole ed una forte? Tra una flebile ed una intensa?
Nessuna, ma hanno in comune il gusto che proviamo nel far casino.

Giacomo Notaro