Robe da matti

In un mondo di pazzi esisteva una tale che lo era meno degli altri.
Questo tale avvertiva la pazzia altrui come una delle bellezze del suo stravagante mondo e ne invidiava la meno lucida coscienza.
Pazzo lo era in realtà anche lui, ma in minore entità, quanto bastasse ad avvertire la diffusa follia.

Ora questo mondo era uno spasso, la gente non concepiva la guerra e tutto era vissuto con estrema euforia. Tutti erano perfettamente prevedibili nella propria pazzia ma non se ne avvedevano.
Non mancavano di certo guerre ed omicidi, eppure non si percepivano come tali, perciò non esistevano.          
Il tale però era sfortunatamente vigile e vedeva negli occhi dei soldati l’orrore non avvertito, in quelli degli assassini il senso di colpa sopito.          
Mal sopportando queste ingerenze impunite, cercò di informare i pazzi circa la loro pazzia.
Impresa impossibile per definizione.

Cercò di spiegare loro la malvagità, le cattiverie e la guerra.
Era però respinto con un sorriso di inconsapevole malizia. Il medesimo sorriso con il quale venivano pronunciate menzogne, contraffatti ricordi e commesse ingiustizie.
Impazziva nel veder tutti quei sorrisi.
“Son pazzi” pensava.
Non gliene faceva una colpa, ma era decisamente troppo per la sua pazienza.
Esplose in rabbia, in vera rabbia, senza sorrisi.

Nel mondo dei pazzi esistevano comunque folli leggi ed egli fu condannato alla “ridente morte”.
Durante l’esecuzione fissò quei sorrisi falsi e capì, per la prima volta, che l’unico vero pazzo era stato quel tale così ottimista da credere di essere l’unico cosciente della malvagità di quel mondo di pazzi.

Giacomo Notaro